Viticoltura e olivicoltura nell'antica Istria
La mostra «Viticoltura e olivicoltura nell'antica Istria» nei sotterranei dell'anfiteatro è imperniata sulla produzione di olio d'oliva e vini di alta qualità che sin dai tempi dell'antica Roma rappresentava uno dei più importanti fattori dell'economia istriana. Il processo di spremitura dell'olio dalle olive viene illustrato tramite la ricostruzione delle attrezzature romane all'uopo usate, le macine e il frantoio.
Un secondo settore della mostra descrive i commerci che si svolgevano nell'Alto Adriatico con le anfore e le principali vie commerciali. Gli scambi avvenivano prevalentemente per mare. Il porto di Pola, vasto e riparato, rappresentava uno scalo importante per il trasporto delle merci nell'Adriatico. I produttori privati sulla costa occidentale istriana, coloro che producevano olio d'oliva in maggiori quantità, disponevano di porticcioli propri. In tal senso le testimonianze archeologiche dimostrano che Pola coltivava legami economico-commerciali molto intensi soprattutto con ambedue le sponde adriatiche, con le città dell'Italia settentrionale, della Pannonia e del Norico. Ma l'Istria manteneva scambi commerciali anche con le regioni più remote dell'Impero romano, specie con quelle sulle coste del Mar Jonio e del Mar Egeo e con le province del Vicino Oriente e nord-africane bagnate dal Mediterraneo.
All'epoca i liquidi venivano trasportati nelle anfore, grandi recipienti di ceramica con due anse. Di solito avevano il fondo arrotondato terminante in un piede appuntito, che assicurava una maggiore capacità; per lo più erano usate per il trasporto e la conservazione dell'olio e del vino, benché potessero contenere anche altri generi alimentari come salsa di pesce, vegetali, miele. Una volta riempita, l'anfora veniva chiusa da un tappo piatto e rotondo, sigillato con la resina. I grandi giacimenti di anfore sui fondi marini provengono dalle navi affondate che le trasportavano, e nel Mediterraneo sono particolarmente numerosi proprio perché il loro trasferimento avveniva in prevalenza per mare. Via terra le anfore venivano trasferite su carri da tiro animale. Specialmente in epoca augustea le anfore vuote venivano riutilizzate come materiale per il drenaggio dei terreni nella sistemazione di grandi aree fabbricabili.
Spesso le anfore erano punzonate con un sigillo recante il nome del capo-officina o del proprietario della tenuta nel cui ambito l'officina sorgeva. Agli inizi dell'Impero romano in Istria c'erano due grande botteghe per la produzione di anfore, di proprietà di altrettante famiglie di senatori romani: a Loron, presso Torre (in cr. Tar), di cui era proprietario il console Statilio Tauro Sisenna (Statilius Taurus Sisenna) e a Fasana ( in cr. Fažana), presso Pola, che apparteneva al console Lecanio Basso (Laecanius Bassus). Durante Vespasiano le officine passarono sotto la giurisdizione dell'erario imperiale, come confermano i sigilli delle anfore istriane con i nomi degli imperatori romani del I e II sec., da Vespasiano a Adriano.