La Basilica di S. Maria Formosa a Pola
Progetto di massima per un parco archeologico
Autori:
Željko Ujčić, responsabile della Collezione altomedievale del Museo archeologico dell'Istria
Anton Percan, architetto
La storia della Basilica di S. Maria Formosa
La Basilica di S. Maria Formosa è, assieme al complesso eufrasiano di Parenzo, il più importante monumento altomedievale di architettura sacra paleobizantina in Croazia. Il cronista Agnello Ravennate, vissuto nella prima metà del IX sec., scrisse nel suo «Liber Pontificalis ecclesiae Ravennatis» ( nel capitolo «Vita S. Maximiniani») che come arcivescovo di Ravenna l'istriano Massimiano (546-556), nativo di Vestre, presso Rovigno, pupillo dell'imperatore Giustiniano, fu un amministratore saggio tanto da assurgere col tempo a cardine della politica imperiale nell'alto Adriatico. Una volta che, sotto la sua prelatura, ebbe fatto ultimare opere splendide come la basilica di S. Vitale a Ravenna ( sul cui mosaico parietale è raffigurato e nominato fra il seguito dell'imperatore) e come S. Apollinare in Classe, Massimiano decise di far costruire, nella città in cui era stato ordinato diacono, la Basilica di S. Maria Formosa.
Si trattava di una maestosa chiesa trinavata (19 x 32 m), situata a sud del centro storico polese, affiancata da una coppia di sacrestie di forma circolare e da una coppia di mausolei (con pianta a croce greca), dotata di absidi poligonali tipicamente paleobizantine sul retro e di portali con aperture a «fungo». Il ritmo delle colonne e degli archi dell'interno veniva ripreso sulle mura perimetrali esterne in una cadenza di finestre e lesene terminanti in archi ciechi, il cui gioco di ombre conferiva vivacità alle facciate e misticismo all'ambiente interno grazie ai contrasti di luce.
La Basilica divenne il più significativo simbolo di un grande possedimento terriero polese della Chiesa ravennate, rimasto iscritto nel territorio diocesano della città come feudo di S. Apollinare fino al XII secolo. Un tempo chiamata Formosa (maestosamente bella) per i ricchi marmi, i mosaici e gli stucchi che l'adornavano, nel medio evo venne detta del Canneto a causa dell'abbandono cui era stata lasciata nell'acquitrino circostante. Subì gravi danni soprattutto nell'incendio del 1242 durante la conquista veneziana di Pola, ed è probabile che nel 1547 l'architetto J. Sansovino abbia spedito le sue colonne di marmo a Venezia per abbellirne alcuni palazzi ( la Libreria di S. Marco, la Sala delle quattro porte a Palazzo ducale). Secondo un racconto tradizionale, anche le colonne di alabastro del ciborio nella Basilica di S. Marco di Venezia proverrebbero dalla Formosa.
Il parco archeologico
Nell'ambito di un programma pluriennale concernente «La Basilica di S. Maria Formosa di Pola (ricerche – tutela – presentazione)» messo a punto dal Museo archeologico dell'Istria, il progetto di massima inerente al relativo parco archeologico non è che la logica conseguenza della volontà di valorizzare questo monumento di arte sacra e il suo ambiente. A tale scopo, ossia per realizzare il parco in maniera ottimale, è necessario completare le ricerche storiche sin qui condotte e quelle più recenti con i risultati di future esplorazioni archeologiche sistematiche e di un riesame dell'interno, della facciata basilicale e del muro meridionale.
Il progetto mira a presentare la chiesa in situ, non solamente in quanto giacimento di resti architettonici tuttora visibili e conservati, bensì come la maestosa basilica che fu, rappresentativa della riconquista giustinianea. Verranno così rilevati l'estensione del complesso (il presbiterio, la sacrestia, le cappelle), la monumentalità dei volumi e le tre navate, nonché le peculiarità precipue dell'architettura paleobizantina (le absidi poligonali, l'arco «a fungo», le lesene). Da qui le direttrici essenziali che guideranno la presentazione: accentuazione del volume orientale del presbiterio e della sacristia con un muro più alto e delineamento con muri più bassi della facciata e del muro perimetrale meridionale con cesure nei punti delle entrate originali, quindi apertura di una veduta verso la sequenza esterna di lesene sul muro perimetrale settentrionale, ricostruzione dell'entrata laterale settentrionale e accentuazione del ritmo dei colonnati che separavano le navate (tramite copie delle basi delle colonne). Con siffatti interventi murari e lapidari, eseguiti con materiale tradizionale, sarebbero conservati e illustrati i contorni architettonici rimasti.
La redazione della documentazione inerente alle soluzioni previste dal progetto di massima per il Parco archeologico richiede una collaborazione autoriale interdisciplinare (Ž. Ujčić, archeologo – A. Percan, architetto), oggi avanzata grazie alle nuove tecnologie multimediali, in questo caso fra archeologia e architettura. In particolare è preziosa la possibilità di rappresentazione virtuale notturna del volume della basilica nel suo complesso, grazie alla futuristica tecnologia olografica. L'ologramma è la ricostruzione tridimensionale di una costruzione tramite la luce del laser. Il meccanismo che lo governa può proiettare una costruzione in tre dimensioni virtuali, sicché la basilica sarà percepita sia nel suo aspetto originario, che nel suo significato storico e grandiosità rispetto al complesso urbano della Pola paleocristiana. Potrebbe essere un pendant immaginario alle arcate dell'anfiteatro, una stazione «lattea» particolarmente enfatizzata sul tratto che conduce dalle mura con le antiche porte (Porta Gemina, Porta Ercole, l'Arco dei Sergi) fino al Foro. In ogni caso, la rappresentazione al naturale della basilica in sfumato sarà possibile come attrazione occasionale: festiva o didattico-turistica.
La classica «rappresentazione archeologica quotidiana» tratteggerà invece con i suoi muri i contorni paleocristiani della basilica formando la cornice di un nuovo parco chiuso. Al momento l'area non è solamente un passaggio aperto, ma anche un punto di incontro leggermente appartato su un terreno erboso, un luogo di possibili avvenimenti sociali e relax, una parentesi di quiete spirituale in contrasto con il parcheggio circostante, la trafficatissima via Flaccio e l'impenetrabile verticalità del muro dell'Arsenale. Inoltre, la cappella rimasta, punto di forza del parco, ridiventerà parte del complesso originale, le sarà cioè restituito il senso autentico della memoria della basilica originale. Allo stesso tempo, assieme ai neoeretti muri delle absidi, della parte retrostante del presbiterio e della sacristia, la cappella andrà a sigillare l'occasionale skēné, il palcoscenico-sfondo del parco ambientale. Il retro della basilica con le absidi poligonali della cappella e il muro neoeretto completeranno il ritmo scultorio originale, con un effetto assai suggestivo di architettura paleobizantina. Non sarà invece possibile rappresentare nel sito originale la cappella settentrionale, perché oggi le sue modeste tracce sono inserite in una struttura abitativa storica, assieme con i resti murari del campanile e del monastero. Tema, questo del monastero, che apre un nuovo ignoto capitolo archeologico, una sfida per nuove ricerche e per un racconto più esaustivo sulle vicende della Basilica di S. Maria Formosa in epoca medievale.
Visualizazzione 3D della Basilica di Santa Maria Formosa a Pola