Magna Mater

Già da lungi la comparsa delle statuine antropomorfe intriga i ricercatori. La loro prima apparizione, e con ciò l’inizio stesso dello sviluppo delle arti figurative, risale già al periodo dell’antica età della pietra (paleolitico), quando e principali credenze dell’uomo e la sua concezione del mondo erano intrecciate al culto della fertilità. Quest’ultimo racchiudeva tutta una serie di convinzioni relative alle consuetudini legate al mantenimento degli equilibri in natura, ossia alla preservazione della fecondità degli uomini, della fauna e della flora. Le Veneri paleolitiche, raffigurazioni femminili a tuttotondo o in rilievo accomunate da alcuni tratti distintivi, sono uno dei testimoni archeologici di quelle credenze e in esse alcuni studiosi vedono l’origine del culto della Grande Dea Madre, diffuso nel periodo della età della pietra recente (neolitico).

Il neolitico o età della pietra recente è quel periodo della preistoria in cui avvengono mutamenti decisivi nello sviluppo della società umana, indicati dalla scienza con il concetto di rivoluzione neolitica. I cambiamenti climatici, avvenuti al passaggio dal paleolitico al neolitico, danno il via a un lungo processo che non si presenta in maniera uniforme in tutte le regioni del mondo. Le novità che segnarono in maniera decisiva il neolitico, rendendolo fondamentalmente diverso dalle epoche precedenti, sono anzitutto la coltivazione delle piante e l’addomesticamento degli animali, cioè lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento, ai quali è strettamente correlato lo stile di vita sedentario. Va sottolineato che le vecchie forme di economia passiva, come caccia, pesca o raccolta dei frutti della natura, non scomparvero, tuttavia l’uomo neolitico incominciò a partecipare in maniera pianificata e consapevole alla produzione di cibo, a creare riserve alimentari e, con l’invenzione e la produzione della ceramica, anche a sfruttare la possibilità di prepararlo e conservarne le eccedenze.

Le comunità diventano sedentarie, il che influisce sulla vita spirituale e artistica della società del tempo. In genere l’uomo tende a stabilirsi in un determinato luogo in maniera permanente, o fintanto almeno che non ne sfrutta al massimo il terreno. Si sviluppano così delle comunità più complesse, sempre più rivolte alla terra e a quanto essa può offrire. Ed è un modo di vivere che in più conduce a una diversa visione del mondo e della religione.

Nella letteratura specialistica l’appellativo più frequente attribuito alla divinità femminile associata al culto della fertilità è Magna Mater, cioè Grande Madre o Dea Madre, essa stessa donatrice di vita, simbolo della fecondità e del benessere provenienti dal nuovo modo di vivere derivante dall’agricoltura. Poiché la Terra fa crescere le piante e accoglie il vivente e il non vivente, essa è il cardine su cui poggia la vita. Anche dopo il neolitico in molte religioni sussistette la credenza che la Terra fertile, da cui si sviluppa la vita, fosse una donna che alleva l’umanità.

__________________________________________________________________

 

L'entrata di Pupićina peć, ripresa dalla fotodocumentazione del Museo archeologico di Istria

 

__________________________________________________________________

 

Le culture neolitiche abbondano in quantità di simboli e raffigurazioni della Magna Mater, in prevalenza personificata in figure femminili, che risultano essere fra i reperti più frequenti recuperati nei siti neolitici. Va precisato che l’appellativo Madre sottintenderebbe una donna rappresentata sempre nell’atto di partorire o con un bambino in grembo, che talvolta non è il caso. Vi sono molte statuette di cui non è nemmeno possibile definire chiaramente il sesso, ma che spesso si assegnano a raffigurazioni femminili. Il significato e la funzione delle statuette vengono interpretati in vario modo, e siccome esse si incontrano in diversi contesti (all’interno di ambienti di culto o di abitazioni, talvolta scartate nelle fosse di rifiuti e, raramente, nelle tombe o depositi), è difficile stabilirne l’esatta finalità. La maggior parte degli autori ritiene che si possano ricondurre a determinati tipi di culto o di rituali e, dato il loro aspetto, vengono per lo più rapportate al culto della fertilità. La loro funzione e utilizzazione potevano essere assai disparate, motivo per cui sono sorte in merito numerose teorie, sia quando riferite a ritratti di persone vive o di antenati, sia nel caso di corredi funebri; alcuni studiosi ritengono che possa trattarsi sia di talismani, amuleti, oggetti votivi, sia di sussidi terapeutici, o ancora di oggetti usati nelle cerimonie di iniziazione o all’atto di contrarre accordi vari, e poi ancora di oggetti delimitanti un territorio e un’identità comunitaria, e non è nemmeno escluso che alcune fossero dei giocattoli.

Per quel che attiene al loro aspetto, sono spesso di piccole dimensioni e di fattura semplice, benché si riscontrino anche esemplari più grandi. Sono in prevalenza fatte di argilla, mentre il prodotto finale si presenta come una figurina di ceramica; talvolta sono però ricavate da pietre e da ossi ed è probabile che venissero fatte pure con qualche altro materiale organico che non si è conservato.

Un gran numero di statuine riproduce una raffigurazione muliebre schematizzata con gli attributi sessuali femminili appena accennati; altre presentano seni, ventre e sedere sproporzionati; alcune sono campaniformi. I corpi possono essere nudi o con qualche dettaglio, come incisioni e colori, rappresentanti vesti e ornamenti. Vi è una moltitudine di figurine simili, tra loro distinte dalla postura del corpo, dall’espressione del volto, dal materiale di cui sono fatte, o dai dettagli della lavorazione e via dicendo. Le differenze sono più marcate a maggiori distanze geografiche, ma bisogna dire che possono differire tra loro pure statuette rinvenute in seno a una stessa cultura o nel medesimo territorio. In prevalenza compaiono nelle regioni dell’odierno Vicino Oriente, dell’Anatolia e dell’Europa sud-orientale, ma ce ne sono anche in una parte dell’Europa centrale. Ci sono determinate regioni e certe culture in cui compaiono più spesso e in grande quantità, e altre dove sono rare o assenti del tutto. Ciò si spiega probabilmente con la diversità dei costumi nelle diverse comunità. Tutto ciò rende ulteriormente più difficile interpretarne il significato e indica che venivano prodotte per usi socio-religiosi differenti, usi che gli studiosi non hanno ancora completamente decodificato.

__________________________________________________________________

 

Le figurine da 1. Pupićina peć e 2. Porovac, Bulgaria, ripresa da Hulina, M. 2012., foto 3.

 

__________________________________________________________________

 

La figurina neolitica dell’Istria


Nell’Istria nord-orientale, sui versanti occidentali del Monte Maggiore, si trova a circa 220 m sul livello del mare la caverna detta Pupićina peć, nella quale si sono svolte nel periodo dal 1995 al 2002 ricerche archeologiche sistematiche. I numerosi reperti archeologici rinvenuti all’interno dei vari strati antropici testimoniano che nella grotta la vita si svolse, con interruzioni, dall’antica età della pietra (e più esattamente dal tardo paleolitico superiore) fino al medio evo. Nell’estate del 2001 agli archeologi ebbero finalmente fortuna grazie al ritrovamento, tra gli altri reperti, di una figurina antropomorfa piatta, di cui si sono conservate solamente le gambe e la parte inferiore del tronco. Riveste un particolare interesse dato che, se nella Croazia continentale le figurine antropomorfe neolitiche sono abbastanza numerose, lungo la nostra costa sono scarse, e questa di cui è parola è al momento l’unica in Istria. È importante sottolineare che si distingue dalle altre finora ritrovate lungo la nostra costa e pubblicate anche per la forma: ha cioè le ginocchia piegate, le cosce scostate e i piedi separati; attorno ai fianchi e alle cosce è incisa una semplice fascia triangolare. La figurina non presenta attributi sessuali espliciti, ma si suppone comunque che si tratti di una rappresentazione muliebre.

In senso spaziale e culturale i suoi riscontri più prossimi dovrebbero trovarsi in seno alla cultura di Danilo dei siti dalmati del medio neolitico, come pure nelle statuine scoperte nell’area del Carso triestino, visto che nel medio neolitico il territorio istriano era strettamente collegato alle regioni suddette.

La figurina di Pupićina peć non ha tuttavia paralleli tipologici diretti in Dalmazia, né in Italia o nelle immediate vicinanze. Analogie parziali si possono trovare in un circondario più distante: così, ad esempio, l’ornamento a forma di fascia incisa, che molto probabilmente rappresenta un qualche indumento, si incontra nelle regioni dell’Anatolia, della Grecia, dei Balcani e, sporadicamente, nell’Europa centrale. Nelle figurine della Grecia spesso il triangolo rappresentante un indumento è inciso nella zona del bacino, dove però talvolta ulteriori tacche contrassegnano il sesso femminile. Poiché la figurina di Pupićina peć non mostra indicazioni del sesso, se ne deduce che la sua fascia simboleggia un indumento.

Per quel che riguarda la forma in sé, analogie si possono trovare nelle statuette antropomorfe o zoomorfe di pietra della Grecia, Macedonia, Bulgaria e Turchia, le quali vengono menzionate come figurine muliebri con le cosce o gambe allargate, figurine di rane o infine figurine stilizzate a forma di M, rappresentanti anch’esse o donne o rane. Quest’ultimo tipo, le figurine a forma di M, sono le più accostabili per forma a quella di Pupićina peć; ne sono state rinvenute nei siti di Porovec, Ruse e Azmaška gomila in Bulgaria e a Hoca Ceşme in Turchia.

__________________________________________________________________

 

Disegno della figurina da Pupićina peć, ripresa da Hulina, M. et al. 2012., T1:10

 

__________________________________________________________________

 

In prevalenza sono piatte, le cosce e gambe allargate, i piedi messi in risalto, hanno una zona triangolare tra le gambe e la parte superiore di forma semicircolare o triangolare. In genere le figure di donna/rana vengono associate alla creazione, alla nascita o alla fertilità, mentre per via della posizione divaricata delle gambe e delle cosce si ritiene altresì che alcune raffigurino delle partorienti e non delle rane. Ma vi sono però anche delle teorie secondo cui le rane erano simbolicamente legate alla nascita o alla creazione della vita. Alcune delle figurine di donna/rana sono di pietra e qualcuna è perforata, il che indica che si tratta di un amuleto o di un ciondolo. La figurina di Pupićina peć è di ceramica, e come forma è comunque molto simile alle statuine di pietra di cui sopra, che vengono datate al periodo fra l’ultimo quarto del VII millennio a. C. e la metà del VI millennio a. C. Siccome lo strato antropico da cui proviene quella di Pupićina peć è datato alla metà circa del VI millennio a. C., essa concorda tipologicamente e cronologicamente con le suddette.

 

Conclusione


La questione inerente alla funzione e significato delle statuette neolitiche ha intrigato gli studiosi sin dai loro primi ritrovamenti. Altresì i differenti contesti in cui sono state scoperte non hanno certamente facilitato la comprensione del loro ruolo nelle comunità neolitiche. Si tratta di un tipo di ornamento privo di particolari significati simbolici oppure si ha a che fare con manufatti legati alla nascita o alla fertilità? La figurina di Pupićina peć è ulteriormente avvincente per il fatto di non essere stata ritrovata intera e di essere l’unico reperto del genere trovato in Istria. È stata recuperata in un contesto insediativo, spezzata e gettata via assieme ad altre ceramiche neolitiche. Le ricerche archeologiche hanno confermato che nel corso del medio neolitico la caverna in questione serviva probabilmente da riparo temporaneo a pastori e greggi e, figurina a parte, non vi sono prove di sorta che l’area attenesse alla sfera spirituale di una comunità neolitica. Il fatto interessante è che le analogie più prossime alla figurina di Pupićina peć si trovano in Bulgaria, il che sta a dimostrare che nel periodo del medio neolitico influenze e idee si propagavano anche a lunghe distanze. Nei Balcani, come pure nell’area continentale della Croazia, e in Grecia, sono numerose le statuine muliebri, che invece lungo la nostra costa compaiono piuttosto raramente e, se si accetta la teoria che si tratti di oggetti detentori di significati religiosi, se ne conclude che le credenze provenienti dall’oriente non attecchirono in maniera significativa lungo la sponda orientale adriatica. Comunque sia, la figurina di Pupićina peć è un reperto unico nel suo genere, che va ad arricchire il retaggio lasciato dalle comunità neolitiche in Istria.

__________________________________________________________________

 

Catalogo

 

Figurina di ceramica
Luogo del ritrovamento:
Pupićina peć
Datazione:
medio neolitico (metà del VI millennio a. C.)
Luogo di custodia:
Museo archeologico dell'Istria, Pola, n.ro inv. P-47390
Materiale:
ceramica
Dimensioni:
lunghezza 2.87 cm, larghezza 3.14 cm, spessore 1.18 cm

 

__________________________________________________________________

 

Bibliografia

 

Bailey, D. W. 2004. Prehistoric figurines. Representation and Corporeality in the Neolithic, New York.

Facchini, F. et al. 2004. Religioznost u pretpovijesti, Zagreb.
Karavanić, I., Čondić, N. 2018. Religije kamenog doba, Katalozi i monografije 31, Zadar.

Hansen, S. 2001. Neolithic sculpture. Some remarks on an old problem, The Archaeology of Cult and Religion, P. F. Biehl, F. Bertemes, H. Meller (eds.), Archaeolingua, Budapest, 39-52.

Hansen, S. 2007. Bilder vom Menschen der Steinzeit. Untersuchungen zur anthropomorphen Plastik der Jungsteinzeit und Kupferzeit in Südosteuropa. Archäologie in Eurasien 20, Mainz.

Hulina, M. et al. 2012. Prapovijesna keramika iz unutrašnjeg dijela Pupićine peći (iskopavanje 2001. godine), Histria archaeologica 42/2012, Pula, 137-184.
Hulina, M. 2012. Neolitička keramička figurica iz Pupićine peći, Tabula 10/2012, 39-49.

Miracle, P., Forenbaher, S. 2006. Prehistoric Herders of Northern Istria, The Archaeology of Pupićina Cave Vol. 1 / Pretpovijesni stočari sjeverne Istre, arheologija Pupićine peći, sv. 1. Monografije i katalozi 14, Pula.

Težak-Gregl, T. 1983./1984. Neolitička i eneolitička antropomorfna plastika iz fundusa Arheološkog muzeja u Zagrebu, Vjesnik Arheološkog muzeja u Zagrebu, 3. s. No. XVI-XVII, Zagreb, 15-48.

Težak–Gregl, T. 1998. Neolitik i eneolitik, Prapovijest (S. Dimitrijević, T. Težak-Gregl, N. Majnarić-Pandžić), Zagreb.

__________________________________________________________________

 

MAGNA MATER

Mostra

 Via Carrara 4, Pola

 Una finestra sul passato
15. 9. 2020. – 26. 1. 2021.

 Autrice della mostra e del testo:
Maja Čuka

 Organizzatore ed Editore: Museo archeologico dell’Istria

 Rappresentante dell’Organizzatore e dell’Editore: Darko Komšo

 Redazione:
Darko Komšo, Adriana Gri Štorga, Katarina Zenzerović


 Autore dell’allestimento, veste grafica:
Vjeran Juhas

 Autrice delle fotografie:
Tanja Draškić Savić

Coordinatrice della mostra:
Monika Petrović

Traduzione italiana:
Elis Barbalich-Geromella

Traduzione inglese:
Neven Ferenčić

 Correzione dei testi:
Irena Buršić, Adriana Gri Štorga, Milena Špigić,
Katarina Zenzerović

Proofreading in italiano:
Sarah Zancovich

Stampa: MPS Pula

 Tiratura: 500

Pola, 2020.

Typo3 site by Ulisys d.o.o. , 2010.