Spa alla romana

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Nell’Impero romano l’igiene personale, vale a dire lavarsi e frequentare i bagni
pubblici (thermae e balnea), erano un rituale della massima importanza per
tutti gli strati sociali: equivalevano a una sorta di attività sociale per cui le terme
rappresentavano un punto focale della vita urbana. Molti scrittori e poeti antichi
(Plauto, Plutarco, Cicerone, Plinio il Vecchio, Plinio il Giovane, Giovenale, Marziale, Seneca...) riportano in merito delle annotazioni, soprattutto degli interessanti aneddoti accaduti negli edifici termali. Le terme romane servivano alla balneazione, al rilassamento, agli incontri, e a molto altro. Sorsero in gran numero in tutto l’Impero romano, dall’Italia alle 2 provincie orientali, dalla Britannia all’Africa settentrionale. Ce n’erano di private e di pubbliche, tutte assolutamente sfarzose, come ad esempio le Terme di Traiano, quelle imperiali di Caracalla e di Diocleziano a Roma e le Terme di Adriano a Leptis Magna (fig. 1-3). 

Gli edifici di solito reiteravano strutturalmente lo stesso schema architettonico, in primo luogo subordinato alle soluzioni tecniche indispensabili al flusso di aria calda, cioè al sistema di riscaldamento. Era uno schema doppiamente utile ai bagnanti  che, anche quando visitavano le terme di altre città dell’Impero, sapevano destreggiarsi al loro interno. Di norma la sequenza degli ambienti era infatti la seguente: tepidario–calidario-frigidario; nel calidario la temperatura dell’aria e quella del pavimento erano le più alte

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Fig. 1 Modellino delle Terme di Caracalla, Museo della Civiltà Romana, Roma 
(da: https://www.flickr.com /photos/roger ulrich/33386598846, scaricato il 12. 1. 2024).

 

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Fig. 2 Pianta delle Terme di Caracalla 
(da: File: Thermae of Caracalla, Rome, Wellcome M0004777.jpg – Wikimedia Commons, scaricato il 12. 1. 2024).

 

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Fig. 3 Pianta delle Terme di Diocleziano
(da: File: Baths Diocletian-Lanciani.png – Wikimedia Commons, scaricato il 12. 1. 2024).

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RetroterRA storico

Le terme non furono un’invenzione dell’Impero romano. La balneazione, comerito di lustrazione in diverse religioni, cerimonie sociali e funebri, ma anche come igiene personale, è attestata nel Mediterraneo sin dalla preistoria. In Grecia vierano riservati già nel V secolo p. n. e. edifici appositi (balaneion). Tuttavia, a differenza di quelli romani, servivano a scopi pratici: cioè all’igiene personale unita al rilassamento fisico e spirituale, mentre per i Romani erano molto di più, tanto che assunsero proporzioni di gran lunga maggiori. Presso i Romani lo sviluppo delle terme venne incentivato anche dai significativi 
progressi da essi conseguiti nel campo dell’architettura (l’introduzione dell’opus caementicium fu determinante per la costruzione delle cupole e di ambienti monumentali in cementizio), dell’ingegneria e dei sistemi di riscaldamento. La svolta decisiva fu l’invenzione dell’ipocausto, un sistema di riscaldamento ambientale ottenuto facendo circolare l’aria calda proveniente da una stufa nello spazio sottostante l’ambiente da riscaldare. Il pavimento dell’ambiente da riscaldare era sospeso e sorretto da pilastrini di terracotta, detti suspensurae (fig. 4). Oltre che i pavimenti i Romani riscaldavano anche le pareti interne tramite tubi di ceramica (tubuli), cosicché il mantenimento della temperatura nei locali destinati alla sauna 
(sudorazione) e alle vasche di acqua calda funzionava benissimo. Il più antico esemplare di ipocausto è stato scoperto nelle terme di Fregellae, ed è datato all’inizio del II secolo p. n. e. o eventualmente al III secolo p. n. e., il che anticipa il limite temporale della prima apparizione di quest’innovazione tecnica. Infatti, in precedenza le fonti antiche avevano assegnato l’invenzione a Caio Sergio Orata, vissuto tra la fine del II secolo e i primi del I secolo p. n. e.
 Un presupposto decisivo per costruire delle terme era che nelle vicinanze ci fosse acqua corrente. Il problema venne risolto con la costruzione degli acquedotti e lo sviluppo della rete di approvvigionamento idrico urbano attraverso sistemi di convoglio e raccolta delle acque.
Le fonti scritte riportano due termini per indicare le terme: balnea (e derivati) e thermae. La maggior parte degli autori a tutt’oggi non è concorde sul loro significato esatto, ossia sulla differenza semantica. L’incertezza è altresì generata dal fatto che pure tra le fonti antiche non vi è concordanza nell’uso dei due vocaboli. Si può tuttavia ritenere che balneum veniva usato per indicare delle terme più piccole e modeste, che spesso, ma non necessariamente, erano di proprietà privata, mentre le thermae erano edifici sfarzosamente decorati. Un’altra differenza è che quest’ultimo termine - thermae - entrò nell’uso appena dal I secolo p. n. e., periodo in cui in effetti la costruzione di monumentali e lussuosi bagni pubblici si intensificò. La popolarità delle terme crebbe in maniera significativa alla fine della Repubblica, nel I secolo p. n. e., per continuare a crescere nei secoli seguenti. Si può dire che il II secolo della n. e. fu in tutto l’Impero romano l’epoca d’oro dell’edificazione e frequentazione delle terme. La loro popolarità non scemò nemmeno nella tarda antichità, tanto che ci sono state terme rimaste in uso anche fino al VI-VII secolo della n. e

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Fig. 4 Veduta dei resti dell’ipocausto delle Terme di Vieux-la-Romaine, Francia 
(da: File:Vieux la Romaine Villa hypocauste.jpg – Wikimedia Commons, scaricato il 12. 1. 2024).

 

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Usanze legate alla frequentazione delle terme

 Nelle terme vigeva un tacito regolamento, poi divenuto norma nel I secolo della n. e., che statuiva la progressione dell’utente attraverso ambienti diversamente riscaldati e arredati. Il bagnante, una volta spogliatosi nell’apoditerio (apodyterium), che era dotato di panche e nicchie per depositarvi gli indumenti e gli oggetti personali, di solito iniziava la seduta frizionandosi il corpo con l’olio ed eseguendo leggeri esercizi fisici nel cortile – palestra. Le attività sportive erano infatti una importante componente del soggiorno termale. Dopo gli sforzi fisici, nel locale chiamato destrictarium, olio e sporcizia veniva eliminati passando sul corpo uno strigile di metallo (strigilis), quindi il bagnante si dirigeva nel tepidario (tepidarium, ambiente con aria tiepida) che serviva ad acclimatarlo prima di entrare nell’ambiente molto caldo del calidario (calidarium). Talvolta nel calidario c’era un laconicum (scomparto con aria calda secca, simile all’odierna sauna), che serviva ad aumentare, come il sudatorium, la sudorazione. Al suo interno la temperatura dell’aria si aggirava sui 50 °C, mentre quella del pavimento sfiorava i 60-65 °C. Nel calidario c’erano una o più piscine con acqua calda e i bagnanti vi si trattenevano in media dai 15 ai 30 minuti. Il calidario doveva perciò essere ubicato subito accanto alle stufe
dalle quali l’aria calda si propagava nelle sottostanti camere dell’ipocausto. Le terme comprendevano anche uno spazio con piscine di acqua fredda, il frigidario (frigidarium), e spesso una grande piscina scoperta (natatio).  A parte i locali suddetti, le terme più grandi potevano disporre di contenuti sussidiari,
come ambienti per i massaggi, barbierie, biblioteche, sale di lettura, sale per la declamazione di poesie e lussureggianti giardini con fontane. Recarsi alle terme faceva parte delle attività quotidiane. Era usanza, una volta ultimate le faccende quotidiane, trascorrervi il pomeriggio in compagnia e rilassati,
prima del pasto principale della giornata, che era la cena. La maggior parte la gente ci si recava fra le ore 12 e le 17, comunque c’erano terme che rimanevano aperte anche di notte. L’entrata era gratuita oppure si pagava un prezzo simbolico (quadrans), sicché tutti potevano accedervi. Di solito i visitatori portavano seco i propri asciugamani, le spugne, le boccette (aribaloi) con l’olio per ungere il corpo, le fialette di profumo e gli strigili (strigilis) per eliminare l’olio, il sudore e la sporcizia dalle membra (fig. 5). I più ricchi raggiungevano le terme in compagnia di almeno uno schiavo, che li assisteva e si prendeva cura delle loro necessità. C’era chi arrivava anche con un intero seguito di aiutanti onde far ulteriormente risaltare la propria posizione sociale privilegiata (fig. 6). È risaputo che le terme attiravano i ladri, motivo per cui uno dei compiti degli schiavi era montare la guardia agli indumenti e alle altre cose di valore dei loro signori. Come già accennato, frequentare le terme era per i Romani molto di più di una necessità igienica. Le terme erano il posto ideale per riposare e svagarsi, ma anche per concordare e concludere affari, per incontrare clienti, per venir invitati e invitare a cena e per svolgere propaganda politica.  Dalle fonti scritte (Marziale) si apprende inoltre che nelle terme si mangiava e si beveva. Di regola la gente non si ubriacava e nemmeno si ingozzava, ma comunque consumava piccoli pasti e sorseggiava bevande. Poiché nelle terme per lo più si frutta secca, ecc.). A Ercolano sono stati trovati, su una parete accanto a un vestibolo termale, i resti di un testo con un elenco di vivande e relativi prezzi, il che fa presumere che nei pressi vi fosse una bancarella provvisoria per la vendita di cibo.  Nelle terme più antiche c’erano spazi doppi, cioè separati, per gli uomini e per le donne; nel caso di bagni piccoli, l’accesso era fissato in orari diversi. Ma già agli inizi dell’epoca imperiale la situazione mutò: disponiamo di fonti scritte in cui è citata la compresenza dei due sessi. Da Adriano in poi si cercò comunque di proibirla tramite alcuni editti, che però, nonostante i divieti, sopravvisse anche all’avvento del cristianesimo.

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 Fig. 5 Mosaico Salvom lavisse con rappresentazione di strigili, sandali e boccette per l’olio; Museo Sabratha, Libia 
(da: Mosaic de le Termes del teatre, Museu de Sàbrata |Mosaic e... |Flickr, scaricato il 22. 1. 2024).

 

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 Fig. 6 Mosaico raffigurante una domina con i figli e gli schiavi diretti alle terme; Piazza Armerina, Villa Romana del Casale, mosaico
del vestibolo termale
(da: File: Villa Romana del Casale – Vestibule de Domina – Mosaïque de Domina ses enfants et domestiques.jpg – 
Wikipedia Commons, scaricato il 12. 1. 2024).

 



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Ariballi di vetro, strigili e rituali

Come dianzi detto, recarsi alle terme era impensabile senza certi accessori che i visitatori portavano con sé. Fra gli oggetti da toeletta erano particolarmente importanti, sia per gli uomini che per le donne, gli ariballi e gli strigili. Erano tenuti assieme da una catenella di bronzo o da un laccio appeso al polso o alla cintura dei bagnanti. Gli ariballi potevano essere di vetro o di metallo e vi si conservavano i preziosi oli da spalmare sul corpo una volta svestiti nello spogliatoio e prima di recarsi in palestra. Dopo aver sudato nel laconicum o nel sudatorium, il visitatore poteva spostarsi in una stanza speciale (destrictarium) dove togliersi raschiando con lo strigile le impurità dal corpo. L’unzione reiterata con oli era abituale. Dunque, oltre che prima della ginnastica, ci si cospargeva di olio durante la permanenza nelle terme e al termine della stessa, quando solitamente l’unzione era accompagnata da massaggi, come rituale conclusivo della balneazione. Dopo i massaggi sul corpo veniva nuovamente passato lo strigile per ripulirlo dall’unto.

Gli ariballi di vetro

Gli ariballi di vetro presero a modello i più antichi esemplari policromi egizi fatti di pasta vitrea e le analoghe forme metalliche e ceramiche greche, cui devono peraltro il nome. Anche gli ariballi greci servivano da recipienti per la conservazione di vari preparati cosmetici destinati alla cura del corpo. Sui vasi di ceramica e sui monumenti di pietra dell’epoca ci sono testimonianze figurative in quantità che ne attestano l’importanza e il ruolo.  Reperti di ariballo sono stati trovati in tutte le regioni dell’Impero romano a conferma che come oggetti da toeletta erano usati su vasta scala, ma facevano anche parte dei corredi funebri. In effetti, una buona parte di ariballi è stata scoperta proprio nei complessi sepolcrali, spesso assieme agli strigili. Gli ariballi venivano realizzati quasi esclusivamente nella tecnica della soffiatura libera, ma vi sono tuttavia raffinati esemplari pregressi creati soffiati con l’uso di stampi composti da due parti ornate a rilievo. La forma classica (forma Isings 61) è caratterizzata da un corpo sferico in sottile e trasparente vetro azzurrognolo verdastro, collo corto cilindrico, fondo piatto o leggermente concavo e due anse impostate su collo e spalla. L’orlo poteva essere doppiamente estroflesso (del tipo collare) oppure a sezione anulare o triangolare. Ma vi sono inoltre esemplari con le pareti un tantino più spesse e modelli ornati da costolature, dall’incisione di fasce orizzontali e da sottili filamenti di vetro.  Gli ariballi di tipo classico, con doppia estroflessione e anse applicate al collo e alla spalla, cui appartengono anche i nostri esemplari (cat. n. ro 1 e cat. n. ro 2), appaiono molto presto, già durante i primi decenni del I secolo della n. e. Comunque il maggior numero è datato alla seconda metà del I secolo e all’inizio del II secolo della n. e. La loro produzione viene localizzata nello spazio mediterraneo orientale, lungo la costa dell’Asia Minore. Sono manufatti delle officine mediterraneo-orientali anche gli ariballi con orlo a sezione anulare o triangolare e le anse come i suddetti. Risalgono alla seconda metà del I secolo e al II secolo della n. e. Oltre a questi, 
sono attestati ariballi la cui origine si situa in ambienti produttivi occidentali (in particolare renani e italici).  La produzione dei vari tipi di ariballo arriva fino al IV secolo della n. e. Risultano anche esemplari che non esibiscono corpi di forma sferica.

Gli strigili

Gli strigili, accessori irrinunciabili nella balneazione, erano di solito fatti di bronzo, più raramente di ferro, ma sono noti anche esemplari in osso, legno e vetro. Consistevano in un manico dritto (capulus) e in una parte terminale ricurva e concava (ligula) avente i margini leggermente arrotondati per facilitare la raccolta della sporcizia dal corpo. La forma suddetta rimase immutata sin dalla prima apparizione dello strumento nel V secolo p. n. e. e fino al termine del III secolo della n. e., allorché cadde in disuso. La sua origine si fa risalire allo spazio greco, dove era soprattutto usato dagli atleti dopo gli allenamenti o dopo le gare, che per suo tramite si detergevano il corpo dall’olio misto al sudore e ad altre impurità. Gli strigili erano usati sia dagli uomini sia dalle donne e, oltre che per l’igiene personale, vi si ricorreva anche per eliminare la cera dopo la depilazione. Erano frequenti nei corredi funebri. Scene in cui il loro uso è illustrato si ammirano nelle arti più disparate (scultura, pittura vascolare, mosaici...).  In origine gli strigili venivano fabbricati tramite fucinatura ed avevano la forma di una piastrina rotonda con manico dritto. Con la fusione gli venne impressa una forma a cucchiaio, dove la parte superiore era piegata quasi ad angolo retto. Il manico era ricavato da due strisce  fra loro distanziate di pochi millimetri o al massimo di un centimetro. Esistono esemplari anche con manici cilindrici. Potevano essere disadorni, ma se erano decorati di solito erano incisi con semplici motivi rettilinei o curvilinei, come pure floreali oppure raffiguranti maschere. Talvolta i manici erano modellati in modo da richiamare delle figure. Alcuni recavano incisi i nomi e i sigilli dei proprietari o dei produttori. Gli strigili del nostro fondo museale sono incisi sul manico con il motivo della lettera I (cat. n. ro 3), mentre di quello privo di manico (cat. n. ro 4) non si sa se fosse decorato.


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                                             CATALOGO

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1. Ariballo di sottile vetro trasparente azzurrognolo-verdastro, corpo sferico. Lo caratterizzano il
breve collo cilindrico, l’orlo di tipo „a collare“ doppiamente estroflesso e due corte e sottili anse
nastriformi impostate sul collo e sulla spalla.
Contrassegno inv.: A – 4898
Luogo del ritrovamento: sconosciuto
Dimensioni: alt. 6,9 cm; largh. 6,15 cm; diam. dell’orlo 2,9 cm
Materiale/tecnica: vetro, soffiatura libera
Datazione: I secolo

2. Ariballo (ricostruzione) di vetro trasparente azzurrognolo-verdastro, corpo sferico. Lo
caratterizzano il breve collo cilindrico, l’orlo „a collare“ doppiamente estroflesso e due corte anse
nastriformi impostate sul collo e sulla spalla.
Contrassegno inv.: A-30010970
Luogo del ritrovamento: Medolino, Burle, necropoli, 1999/2000, tomba 28
Dimensioni: alt. 7,2 cm; largh. 6,6 cm; diam. dell’orlo 3,0 cm
Materiale /tecnica: vetro, soffiatura libera
Datazione
: I secolo-inizio II secolo

3. Quattro strigili (strigilis) di bronzo appesi a un cerchio rotondo di bronzo a sezione rettangolare. Il
cerchio ha le estremità staccate. Gli strigili sono di dimensioni diverse, ma le punte dei „cucchiai“ (ligula)
sono frammentate. Ogni strigile ha i manici conclusi da un’incisione decorativa in forma della lettera I.
Contrassegno inv.: A-3087
Luogo del ritrovamento: sconosciuto
Dimensioni: alt. con il cerchio 25,6 cm; alt. conservatasi degli strigili 17,5 cm; 11,9 cm; 15,8 cm; 15,8
cm; diam. del cerchio 10 cm
Materiale/tecnica: bronzo, fusione
Datazione: I secolo

 4. Strigile (strigilis) di bronzo  con la parte superiore (ligula) fortemente piegata. Manico mancante.
Contrassegno inv.: A-5366
Luogo del ritrovamento: Pola, necropoli, Monte Ghiro
Dimensioni: alt. conservata 10,3 cm; largh. 2,45 cm; profondità dello strigile 0,75 cm
Materiale/tecnica: bronzo, fusione
Datazione: I secolo

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                            BIBLIOGRAFIA

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BUCCINO, L. 2012. Water, hygiene, luxury, pleasure: the culture of baths. B. Bianchi and L.
Musso, (eds.), Lepcis Magna, Hunting Baths. Building, restoration, promotion, 76-85. Firenze.

BULJEVIĆ, Z. 2002. Toaletni i nakitni oblici.  E. Marin (ur.), Longae Salonae I, 313-326. Split, Arheološki muzej Split.

FAGAN, G. G. 2002. Bathing in Public in the Roman World. Ann Arbor, University of Michigan Press.

GIUNIO, K. A., ALIHODŽIĆ, T. 2010. Ars medica et pharmaceutica. Rimski medicinsko farmaceutski instrumenti iz fundusa Arheološkog muzeja Zadar. Zadar, Arheološki muzej Zadar.

IVČEVIĆ, S. 2002. Kozmetički pribor. E. Marin (ur.), Longae Salonae I, 327-348. Split, Arheološki muzej Split.

MARAKOVIĆ, N., TURKOVIĆ, T. 2013. „Velike salonitanske terme“ – nova razmatranja prostorne organizacije kupališnog sklopa. Radovi Instituta za povijest umjetnosti 37, 7-22.

MARÉCHAL, S. 2012. Research on Roman bathing: old models and new ideas. Revue belge de philologie et d’histoire, Tome 90, fasc. 1. 143-164.

MESIHOVIĆ, S. 2020. Rimljani: život, naslijeđe, sjećanje. Elektronsko izdanje. Sarajevo, O.

D. „FONT“ SOROKINA, N. P. 1987. Glass aryballoi (First-Third centuries A.D.) from the Northern Black Sea Region. Journal of Glass Studies 29, 40-46.

STARAC, A. 2023. Rimske staklene posude kozmetičke ili farmaceutske namjene u Arheološkom muzeju Istre. Diadora 37, 93-248.

ŠTEFANAC, B. 2013. Stakleni aribali iz Jadera. Glass aryballoi form Jader. Archaeologia adriatica VII, 163-198.

 

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Spa alla romana

Mostra
Via Carrara 4,
Una finestra sul passato
21.05. – 23. 09. 2024.

 Autrice della mostra e del testo: Aska Šopar

Organizzatore ed Editore: Museo archeologico dell’Istria

Rappresentante dell’Organizzatore e dell’Editore: Darko Komšo

 Redazione: Darko Komšo, Adriana Gri Štorga, Katarina Zenzerović

Autore dell’allestimento, veste grafica: Vjeran Juhas

Autore delle fotografie: Vjeran Juhas

 Autore dei disegni: Ivo Juričić

Interventi restaurativi: Monika Petrović  

Traduzione italiana: Elis Barbalich-Geromella

Traduzione inglese: Neven Ferenčić

Revisione del testo croato: Milena Špigić

 Correzione dei testi: Adriana Gri Štorga, Milena Špigić

Stampa: MPS Pula

 Tiratura: 700

Pola, 2024.
 

 

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