I MONILI NEOLITICI DI SPONDYLUS
Da un bivalve marino degli Spondilidi veniva ricavato nel neolitico un gioiello che divenne il più prezioso nell’Europa di quel tempo. I principali centri per la sua raccolta e per la produzione del pregiato monile sorgevano lungo la costa istriana, che divenne così uno dei punti di avvio della prima grande rete di scambio di prodotti di lusso nella storia dell’umanità, rete che comparve contemporaneamente ai prodromi dell’agricoltura, segnando il nuovo ordine economico iniziatosi con l’età neolitica.
Il bivalve marino in parola (chiamato kopito in croato) porta il nome latino di Spondylus gaederopus, oggi conosciuto solamente da pochi intenditori di conchigliologia. Invece, 7.500 anni fa, agli albori del neolitico medio, con le sue valve si facevano perle, bracciali, ciondoli e guarnizioni per cinture, ovvero tutta una sfilza di oggetti decorativi, assai popolari e presenti in tutto il continente europeo. Molti studiosi ritengono che i monili di spondylus rappresentassero uno status symbol di ricchezza e prestigio e non sono pochi coloro che pensano che venissero usati dagli sciamani come oggetti rituali.
In mancanza di prove scritte e di tradizioni orali, la principale fonte per la conoscenza della storia inerente all’uso di questa conchiglia è rappresentata dai resti materiali. Oggi in Europa si conoscono oltre 200 giacimenti neolitici contenenti monili di spondylus. Sono per lo più situati molto all’interno del continente, lontanissimi dalle aree marine di raccolta e produzione. I suoi reperti si incontrano in territori distanti più di 3.000 chilometri dalle coste adriatiche ed egee, dove sorgevano i posti di raccolta, proprio al centro dell’Europa, dove le conchiglie sono state rinvenute tra i resti archeologici di insediamenti umani e necropoli. È interessante che la quantità di reperti di gioielli ricavati dallo spondylus aumenta man mano che ci si allontana dalle coste adriatico-egee, cioè dal loro luogo d’origine.
Per lungo tempo si è reputato che i principali centri di produzione di monili di spondylus si trovassero lungo le rive del Mar Nero, ma ricerche più recenti hanno dimostrato che quell’ambiente, causa le temperature sfavorevoli e la salinità delle acque, non è adatto alla crescita del bivalve in parola. Dette ricerche svelano che i centri di produzione si trovavano invece sulle coste del Mare Egeo e dell’Adriatico, finché, con la scomparsa delle tradizioni neolitiche e con l’inizio dell’età dei metalli, i monili di spondylus cessarono di essere una merce preziosa e sparirono dai giacimenti archeologici.
LO SPONDYLUS GAEDEROPUS
Lo Spondylus gaederopus appartiene alla famiglia degli Spondilidi che vivono in mari caldi. E vivono attaccati al fondo marino negli areali costieri a una profondità che varia fra i 2 e i 30 metri. In lunghezza possono raggiungere i 15 centimetri. Le valve sono asimmetriche. Quella superiore è leggermente arrotondata e mobile, quella inferiore è incavata e fissata al fondo. La superficie esterna delle valve può essere di colore viola o rosso-porpora. Oggi, come nel neolitico, lungo le sponde del Mediterraneo lo spondylus è usato nell’alimentazione. È relativamente raro. Quando resta all’asciutto perde i suoi meravigliosi colori. Per questo motivo le conchiglie di spondylus devono venir raccolte in immersione. Ed è un’impresa faticosa, perché non è facile individuarle e strapparle dalla base cui sono abbarbicate.
VAL CARIGADOR
In Istria l’uso di gioielli ricavati dallo spondylus è confermato da due giacimenti del neolitico medio: un gran numero di reperti del genere sono presenti nel giacimento di Val Carigador e in quantità minori a Punta Pradisel.
Il sito di Carigador si trova sulla costa sud-orientale della penisola istriana, poco distante da Lisignano. Ha conservato i resti di attività antropiche risalenti al neolitico arcaico, a quello medio e all’età del rame. È stato scoperto nel 2000, durante alcune esplorazioni archeologiche della Bassa Istria. Ricerche archeologiche sono state compiute nel 2002 e i ricchi reperti raccolti nella circostanza hanno incoraggiato l’avvio di esplorazioni sistematiche che il Museo archeologico dell’Istria ha effettuato, con la sovrintendenza di Darko Komšo, nel periodo dal 2005 al 2007. È stata esplorata una superficie di 52 mq ed è stato accertato che il giacimento si estende su circa 900 mq. Si suppone che in origine misurasse oltre 3.000 mq, ma l’azione erosiva dal mare ne ha distrutto la maggior parte. Durante le ricerche sono state rilevate numerose strutture come fosse, costruzioni a secco, cumuli di ciottoli e tombe. E sono stati raccolti numerosi reperti: enormi quantità di ceramiche, selci, arnesi di osso, ossi animali e resti vegetali; notevoli i reperti riguardanti ami, ossidiane, vasi cultuali come i rython e ciondoli di osso e di conchiglie e chiocciole marine.
Ciondoli fatti con conchiglie e chiocciole marine perforate sono stati rinvenuti in tutti gli strati archeologici. I più numerosi sono i ciondoli ricavati dalle conchiglie dette cardi (Cerastoderma lamarcki / Cardium edule), anch’essi recuperati in tutti gli strati. Ritrovamenti di spondylus risultano invece solo negli strati risalenti al neolitico medio. È stato scoperto un unico esemplare di monile modellato e rifinito: una valva fessa a forma di lettera V. Reperti simili sono stati trovati in tutta Europa, di solito nelle tombe, collocati nei pressi del tronco (vita) del defunto. Ciò rivela che gli ornamenti in questione abbellivano le fibbie delle cinte. Oltre a questo sono stati raccolti alcuni spondilidi con evidenti tracce di tagli e levigature e conchiglie intere in grande quantità. Ne consegue che, nel corso del neolitico medio, la raccolta degli spondilidi e la loro lavorazione a scopi decorativi erano una delle principali attività praticate in questo sito.
Reperti consistenti in alcuni spondilidi lavorati ma non rifiniti e un ciondolo spezzato con due fori sono stati recuperati durante alcuni scavi di conservazione effettuati negli anni Settanta del XX sec. nel sito neolitico di Punta Pradisel sulla costa istriana orientale. Indicano che la raccolta e la produzione di monili fatti con spondylus erano diffuse in una vasta area dell’Istria.
LA RETE DI SCAMBI
Dall’inizio del neolitico medio nei giacimenti archeologici dell’Istria incominciano ad apparire numerosi reperti esotici, materiali e prodotti di lusso, come oggetti di ossidiana, asce levigate e lavorazioni di selce provenienti da regioni lontane. Sono tutti oggetti che in loco non sono disponibili, ma giungono appunto da grandi distanze, a dimostrazione che esisteva una grande rete, attiva e ben ramificata, di scambi, che interessava l’area mediterranea e l’Europa.
I numerosi reperti di ornamenti rifiniti e /o scartati, di prodotti semilavorati e di resti di lavorazione, nonché le grandi quantità di spondilidi interi indicano che lungo le coste istriane esistevano durante il neolitico medio importanti centri per la produzione di monili ricavati da questi bivalvi, in virtù dei quali le comunità neolitiche istriane erano attivamente inserite nel sistema di scambi nell’Europa della stessa epoca. Grazie alla produzione di ornamenti ricavati dallo spondylus, i monili più apprezzato dell’Europa neolitica, l’Istria divenne uno dei centri più importanti, uno dei punti di esordio della prima grande rete di scambi commerciali di prodotti esotici e di lusso nella storia dell’umanità.
Catalogo
1. Spondilide, tipo di valva fessa a forma di lettera V. Luogo di lavorazione: Val Carigador, neolitico medio. Luogo di custodia: Museo archeologico dell’Istria, Pola, P-53180. Materiale: spondilide marino (Spondylus gaederopus) Dimensioni: 65,5 x 41,3 x 15,2 mm, perforazione 8,8/4,6 mm Peso: 38,26 gr
BIBLIOGRAFIA:
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Un tesoro degli abissi: Spondylus gaederopus, il gioiello più prezioso dell’Europa neolitica
Mostra: Via Carrara 4, Pola, Una finestra sul passato 10.03. - 11.04.2017.
Autore della mostra e del testo: Darko Komšo
Organizzatore ed Editore: Museo archeologico dell’Istria
Rappresentante dell’Organizzatore e dell’Editore: Darko Komšo
Redazione: Darko Komšo, Adriana Gri Štorga, Katarina Zenzerović
Autore dell’allestimento, veste grafica: Vjeran Juhas
Autore delle fotografie: Tanja Draškić Savić, Enzo Morović, Darko Komšo
Allestimento tecnico della mostra: Andrea Sardoz
Traduzione italiana: Elis Barbalich-Geromella
Traduzione inglese: Neven Ferenčić
Correzione dei testi: Adriana Gri Štorga, Milena Špigić, Katarina Zenzerović
Stampa: MPS Pula
Tiratura: 700
Pola, 2017.